Quali sono le cause e i fattori di rischio dell’Alzheimer

Quali Sono Le Cause E I Fattori Di Rischio Dell'Alzheimer

Nell’ambito dei disturbi cognitivi, la malattia di Alzheimer è statisticamente il più diffuso al mondo, precedendo il morbo di Parkinson, la demenza vascolare e le altre forme neurodegenerative classificate dal DSM-V

Secondo la Alzheimer’s Disease International, la federazione internazionale delle associazioni di Alzheimer e demenza nel mondo, si verifica un caso di demenza ogni 3 secondi, ma si tratta di un dato addirittura sottostimato, a causa delle difficoltà diagnostiche in molti Paesi meno sviluppati. 

Le stime fornite dall’Epicentro dell’Istituto Superiore di Sanità, invece, segnalano come l’Alzheimer oggi colpisca circa il 5% delle persone con più di 60 anni, pur non essendo una malattia causata dall’invecchiamento. In Italia si stimano circa 500mila ammalati.

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’Alzheimer, quali sono le cause principali, i fattori di rischio, i sintomi, come si diagnostica e quali sono le terapie ad oggi disponibili. 

Cos’è il morbo di Alzheimer?

Il morbo di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce il cervello e provoca una graduale perdita di funzioni cognitive, come la memoria, il ragionamento, il linguaggio e l’orientamento spazio-temporale. 

La malattia prende il nome dal medico Alois Alzheimer, che la descrisse per la prima volta nel 1906. Nel DSM-V viene nominata come disturbo neurocognitivo maggiore o lieve dovuto a malattia di Alzheimer.

Più del 90% delle diagnosi di malattia di Alzheimer si sviluppa, infatti, nelle persone di età superiore ai 65 anni. In questi casi si parla di esordio tardivo, che si contrappone all’esordio precoce, che si manifesta invece prima di quella fascia di età, già a partire dai 30 anni. Si tratta, comunque, di una condizione estremamente rara. 

Ciò nonostante, l’Alzheimer non è una malattia provocata dall’invecchiamento; purtroppo, però, molti dei sintomi precoci – che se individuati in tempo utile potrebbero condurre ad una diagnosi tempestiva – vengono sottovalutati o associati alla “vecchiaia”, in particolare alcuni aspetti, come la tendenza a dimenticare le cose, la distrazione, l’umore depresso, e così via. 

Come si legge sul summenzionato sito di Epicentro dell’ISS, il decorso della malattia è lento ma inesorabile, e in media i pazienti possono vivere fino a 8-10 anni dopo la diagnosi.

Quali sono le cause che provocano l’Alzheimer?

Le cause specifiche di questa malattia non sono ancora del tutto chiare, si ritiene che la malattia sia il risultato di una combinazione di fattori genetici, ambientali e dello stile di vita.

La comunità scientifica è concorde nell’individuare alcuni fattori di base, tre segni distintivi nel cervello che sono associati ai processi patologici del morbo di Alzheimer.

  1. placche amiloidi, costituite da frammenti di una proteina chiamata peptide beta-amiloide, mescolata con una raccolta di proteine aggiuntive, resti di neuroni e frammenti di altre cellule nervose;
  2. grovigli neurofibrillari, che si trovano all’interno dei neuroni e sono raccolte anormali di una proteina chiamata Tau. Questi grovigli si formano quando la proteina Tau si raggruppa, causando la morte dei neuroni e il loro malfunzionamento; 
  3. perdita di connessioni tra i neuroni responsabili della memoria e dell’apprendimento, che porta alla morte dei neuroni e alla riduzione del tessuto cerebrale.

Purtroppo queste anomalie sono individuabili solo in fase di autopsia, dopo il decesso del paziente.

I fattori di rischio principali

Abbiamo visto che le cause della malattia sono da individuare in un mix di fattori di rischio, che aumentano le probabilità di sviluppare questa forma di demenza. 

Tra i principali fattori di rischio del morbo di Alzheimer ci sono:

  • età avanzata: come già spiegato, l’incidenza aumenta con l’età, con una maggiore prevalenza nelle persone sopra i 65 anni;
  • genetica: alcune forme della malattia sono causate da mutazioni genetiche ereditate, mentre altre sono influenzate da varianti genetiche comuni che aumentano il rischio;
  • stile di vita scorretto, caratterizzato da mancanza di attività fisica, dieta poco equilibrata, obesità, fumo e abuso di alcol;
  • malattie croniche, come diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, obesità;
  • traumi cranici: lesioni cerebrali gravi o ripetute, come quelle che possono essere causate da incidenti automobilistici o sportivi, possono aumentare il rischio di sviluppare la patologia;
  • esposizione a sostanze tossiche, come metalli pesanti e solventi;
  • bassi livelli di istruzione e scarsa attività intellettuale: alcune ricerche hanno suggerito che i bassi livelli di istruzione e la mancanza di attività intellettuale possono aumentare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer.

È importante sottolineare che molti di questi fattori di rischio possono essere controllati attraverso uno stile di vita sano e adottando comportamenti preventivi. Inoltre, la diagnosi precoce può essere utile per rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita dei pazienti.

Come si fa a capire se si ha l’Alzheimer?

Per capire se un paziente è affetto dal morbo di Alzheimer è fondamentale prestare attenzione ai sintomi precoci.

La Alzheimer’s Association elenca i seguenti 10 sintomi e segnali del morbo di Alzheimer che possono aiutare a comprendere l’esistenza di un problema:

  1. perdita di memoria, ad esempio dimenticare i nomi o gli appuntamenti, per poi ricordarli in un secondo momento;
  2. difficoltà nella programmazione o nella soluzione dei problemi, come problemi a ricordare una ricetta o a tenere traccia delle bollette mensili;
  3. difficoltà nel completare gli impegni famigliari a casa, al lavoro o nel tempo libero, ad esempio problemi nel guidare l’auto verso un luogo familiare o nel ricordare le regole del proprio gioco preferito;
  4. confusione con tempi o luoghi, con la tendenza a perdere il senso delle date, delle stagioni e del passare del tempo, con il conseguente fenomeno del wandering;
  5. difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali, ad esempio quando si prova a leggere qualcosa, a giudicare la distanza da un oggetto o un luogo e a stabilirne il colore;
  6. difficoltà con le parole, nel parlare e nello scrivere, che limita la capacità di seguire o  partecipare a una conversazione;
  7. tendenza a non trovare le cose e a perdere la capacità di ripercorrere i propri passi, con l’abitudine frequente di incolpare gli altri di aver rubato o spostato degli oggetti in casa;
  8. ridotta o scarsa capacità di giudizio, che porta il soggetto a prendere decisioni errate con conseguenze, in alcuni casi, molto gravi;
  9. ritiro dal lavoro o dalle attività sociali, sia per ragioni di disagio personale sia per oggettiva incapacità nello svolgere mansioni lavorative di ogni tipo;
  10. cambiamenti di umore e di personalità, con la tendenza a diventare confusi, diffidenti, depressi, tristi, spaventati o ansiosi.

Come si legge, nell’elenco delle manifestazioni iniziali dell’Alzheimer troviamo anche la depressione senile, o più correttamente alcuni sintomi tipici dei disturbi dell’umore che ritroviamo anche nei pazienti affetti da questa forma di demenza senile. 

Per approfondire, invitiamo a leggere il nostro articolo Alzheimer e depressione: come distinguerle.

Come viene diagnosticato l’Alzheimer?

Come detto, i segni distintivi della malattia, che colpiscono il cervello del paziente, sono individuabili con certezza solo dopo il decesso, sottoponendo il corpo ad una autopsia. 

Per questo motivo, quando il soggetto è in vita i medici possono solo emettere una diagnosi di “possibile o sospetto morbo di Alzheimer”, perché non sono in grado di esserne certi al 100%. 

Inoltre, non esistendo un esame specifico per capire se un paziente è affetto da questa forma di demenza, il medico può eseguire una analisi dei sintomi e dello stato di salute e prescrivere alcuni esami a supporto della sua conclusione diagnostica, come esami del sangue, TAC, esami neuropsicologici per testare la memoria e le altre funzioni intaccate dalla malattia, anche per distinguerla da altre patologie

Come rallentare la malattia di Alzheimer?

Attualmente non esiste una cura per il morbo di Alzheimer, ma ci sono terapie che possono aiutare a rallentare la progressione della malattia e a gestire i sintomi

La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono migliorare la qualità della vita delle persone affette dal morbo di Alzheimer e dei loro familiari. 

La terapia prevede un mix di farmaci specifici per la demenza senile, modifiche dello stile di vita, misure di sicurezza e di sostegno, terapie non farmacologiche, in un’ottica di assistenza a lungo termine. Dobbiamo infatti ricordare che non si guarisce dall’Alzheimer, e che si tratta di una malattia degenerativa progressiva; questo vuol dire, nel corso del tempo, il paziente starà sempre peggio, fino al decesso.

Il ruolo della nutrizione

L’alimentazione ricopre un ruolo molto importante nella prevenzione della malattia e nel rallentamento della sua progressione. Ad esempio, è dimostrata l’utilità dell’integrazione della vitamina B12 nel trattamento della demenza senile

Esistono, inoltre, alcuni cibi particolarmente indicati per migliorare la memoria, una delle funzioni più colpite dal morbo di Alzheimer, a riprova dell’importanza della nutrizione nell’ambito della demenza. 

Infine, è bene ricordare che i pazienti affetti da questa terribile patologia progressiva tendono a peggiorare nel corso degli anni, subendo una riduzione critica delle principali funzioni corporee, compresa la deglutizione (disagia), con conseguenze nefaste in termini di nutrizione

A tal proposito, invitiamo a leggere Come risolvere l’inappetenza negli anziani soggetti ad Alzheimer?

Nei casi più gravi, nelle fasi terminali della malattia, potrebbe essere necessario ricorrere alla nutrizione enterale e/o parenterale.  

Bibliografia

  • Dementia statistics, Alzheimer’s Disease International;
  • 10 sintomi e segnali del morbo di Alzheimer, Alzheimer’s Association;
  • Malattia di Alzheimer, Istituto Superiore di Sanità, EpiCentro – L’epidemiologia per la sanità pubblica;
  • Amiloidosi. Pubblicato il 22 Ottobre 2018. Ultimo aggiornamento l’8 Ottobre 2020. ISSalute – Sito sviluppato e gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS);
  • Malattia di Alzheimer, di Juebin Huang , MD, PhD, Department of Neurology, University of Mississippi Medical Center. Manuale MSD.

Attenzione!
Le informazioni qui riportate hanno carattere puramente divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportate sono assunte in piena autonomia decisionale.

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