Ansia da separazione: quando preoccuparsi?

Ansia Da Separazione Quando Preoccuparsi

L’ansia da separazione è una condizione molto comune, in particolare nei bambini, ma quando rispetta alcuni criteri specifici può diventare patologica, rientrano in quello che viene definito “Disturbo d’ansia da separazione”

In effetti, un bambino molto piccolo che piange nel vedere il proprio genitore allontanarsi dalla stanza, oppure durante i primi giorni di scuola, è un fenomeno del tutto normale, che di solito rientra nel giro di pochi minuti e sparisce man mano che cresce. Fa parte del normale processo di crescita ed esplorazione del mondo, soprattutto nei primi anni di vita, quando i bambini iniziano a distinguere se stessi dagli altri e a percepire la sicurezza data dalla presenza delle figure di riferimento, come i genitori.

Tuttavia, quando l’ansia si manifesta in modo tale da influenzare negativamente il benessere del bambino e interferendo con le sue attività quotidiane, anche quelle più piacevoli, allora è forse il caso di rivolgersi ad uno specialista per una valutazione accurata. 

Su questo argomento consigliamo la lettura del nostro articolo Cosa c’è da sapere sull’ansia nei bambini.

Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire in cosa consiste il disturbo d’ansia da separazione e quando è il caso di preoccuparsi e intervenire. 

Cos’è il disturbo d’ansia da separazione? 

Secondo la definizione fornita dal DSM-V, il disturbo d’ansia da separazione è una: 

“Paura o ansia eccessiva e inappropriata dal punto di vista dello sviluppo in merito alla separazione da coloro a cui l’individuo è attaccato.”

Cosa vuol dire? Semplificando, l’ansia da separazione è una reazione emotiva caratterizzata da preoccupazione, disagio e paura di essere lontani dalle figure di riferimento, solitamente i genitori o i caregiver. 

In genere si manifesta nei bambini, specialmente tra i 6 mesi e i 3 anni, ma può persistere o riemergere in età successive, o anche in età adulta, soprattutto in seguito a eventi traumatici o cambiamenti significativi.

Come accennato all’inizio, questo tipo di ansia è considerato una fase normale dello sviluppo, rappresenta un segnale del legame di attaccamento che il bambino ha formato con le persone che si prendono cura di lui e indica un processo di adattamento a nuove esperienze. Per esempio, un bambino di 8 mesi può piangere quando la mamma esce dalla stanza, perché non ha ancora sviluppato il concetto di permanenza dell’oggetto, cioè, non sa che la mamma continuerà a esistere anche se non la vede.

Quando l’ansia da separazione supera i limiti della fase normale o diventa intensa e duratura, può configurarsi come un disturbo d’ansia da separazione. In questo caso, i sintomi interferiscono in modo significativo con la vita quotidiana del bambino, rendendo difficile affrontare momenti come andare a scuola, partecipare a giochi con coetanei o svolgere altre attività sociali. 

Distinguere tra ansia da separazione normale e patologica è essenziale per capire quando sia necessario intervenire: mentre la prima è un passo verso l’autonomia, la seconda può impedire al bambino di sviluppare fiducia in se stesso e nella propria capacità di affrontare le sfide quotidiane.

Quando l’ansia da separazione è normale?

Come già spiegato, l’ansia da separazione è una fase naturale dello sviluppo, soprattutto nei bambini piccoli, fa parte del processo attraverso cui il bambino impara a distinguersi dagli altri e a sviluppare una sicurezza di base.

In tal senso, è da considerarsi normale un’ansia da separazione nelle seguenti situazioni o fasi evolutive del bambino:

  • nei neonati e bambini piccoli (6-8 mesi e 2-3 anni): durante questi periodi, è naturale che il bambino mostri disagio quando si allontana dai genitori o dai caregiver principali. Intorno ai 6-8 mesi, il bambino inizia a sviluppare la “paura dell’estraneo” e si agita se lasciato con persone non familiari. Verso i 2-3 anni, il bambino comprende meglio l’assenza temporanea, ma ancora può mostrare difficoltà a separarsi dai genitori;
  • in età prescolare: i bambini di 3-5 anni possono avere episodi di ansia nel distaccarsi dalle figure di attaccamento, specialmente in contesti nuovi come la scuola materna o durante le prime esperienze di socializzazione autonoma. A quest’età, i bambini stanno ancora costruendo la loro autonomia e possono richiedere un supporto graduale per sentirsi a proprio agio lontano da casa;
  • in età scolare e adolescenziale: anche nei bambini più grandi è comune che si manifesti ansia in situazioni particolari, come un cambio di scuola, il passaggio alla scuola primaria o secondaria, un trasferimento o l’ingresso in nuove attività sociali. L’ansia in queste situazioni può indicare semplicemente una fase di adattamento e tende a ridursi una volta che il bambino ha preso confidenza con la nuova routine.

L’ansia da separazione è quindi normale quando i sintomi sono transitori, correlati a eventi specifici e tendono a ridursi con il tempo e con l’acquisizione di sicurezza. È parte del processo di sviluppo emotivo del bambino e può essere gestita con il supporto e la pazienza dei genitori, che possono aiutare il bambino a sviluppare fiducia e autonomia.

Quando preoccuparsi? Sintomi e criteri diagnostici

Abbiamo spiegato che l’ansia da separazione è un fenomeno normale, fisiologico, parte integrante dello sviluppo del bambino, ma allora quando si può parlare di disturbo? Quando un genitore dovrebbe preoccuparsi e intervenire prontamente?

Come sempre, per rispondere a queste domande ci viene in soccorso il DSM-V, nel quale si legge che si parla di disturbo d’ansia da separazione in presenza di almeno 3 dei seguenti sintomi: 

  • angoscia eccessiva e ricorrente quando si anticipa o si vive la separazione da casa o dalla figura di attaccamento principale;
  • preoccupazione persistente ed eccessiva riguardo alla possibilità di perdere le figure di attaccamento principali o al rischio che possano subire danni, come malattie, ferite, disastri o morte;
  • preoccupazione costante ed eccessiva per la possibilità di vivere un evento negativo (ad esempio, perdersi, essere rapiti, avere un incidente, ammalarsi) che possa causare separazione dalla figura di attaccamento principale;
  • riluttanza o rifiuto persistente di uscire, allontanarsi da casa, andare a scuola (fobia scolare) o in altri luoghi, a causa della paura della separazione;
  • paura o riluttanza persistente ed eccessiva di stare soli o senza le figure di attaccamento principali, sia a casa che in altri contesti;
  • riluttanza o rifiuto di dormire fuori casa o di andare a dormire senza essere vicino a una figura di attaccamento;
  • incubi ricorrenti incentrati sul tema della separazione;
  • lamentele fisiche ripetute (ad esempio, mal di testa, dolori allo stomaco, nausea, vomito) nel momento in cui si verifica o si anticipa la separazione dalla figura di attaccamento.

A quelli appena elencati si aggiungono poi ulteriori criteri:

  • la paura, l’ansia o l’evitamento devono essere persistenti, durano almeno 4 settimane nei bambini e negli adolescenti e tipicamente 6 mesi o più negli adulti;
  • il disturbo causa un disagio clinicamente significativo o compromissione in ambiti importanti, come quello sociale, scolastico, lavorativo o altre aree funzionali della vita della persona.
  • i sintomi non sono meglio spiegati da un altro disturbo mentale, come, ad esempio, la resistenza eccessiva ai cambiamenti tipica del disturbo dello spettro autistico, deliri o allucinazioni legati alla separazione nei disturbi psicotici, il rifiuto di uscire senza un accompagnatore fidato nell’agorafobia, preoccupazioni di salute nelle altre persone nel disturbo d’ansia generalizzata, o la paura di avere una malattia nel disturbo d’ansia di malattia (o ipocondria).

Questi criteri aiutano a distinguere tra una normale ansia legata alla separazione, comune nelle fasi di crescita, e un disturbo d’ansia che necessita di attenzione clinica per prevenire impatti negativi sul benessere e lo sviluppo del bambino.

Cosa fare in caso di disturbo d’ansia da separazione?

Se il bambino mostra sintomi che rientrano nei criteri diagnostici, è importante rivolgersi ad uno specialista per giungere ad una diagnosi clinica e iniziare un percorso terapeutico. 

È molto importante non sottovalutare la situazione, perché il disagio nel bambino potrebbe peggiorare. Secondo una meta-analisi pubblicata nel 2013, dal titolo “The Separation Anxiety Hypothesis of Panic Disorder Revisited: A Meta-Analysis”, una diagnosi infantile di disturbo d’ansia da separazione aumenta significativamente il rischio di disturbo di panico e di qualsiasi disturbo d’ansia.

Il trattamento del disturbo d’ansia da separazione punta a ridurre l’ansia e a sviluppare strategie che aiutino il bambino (e la famiglia) a gestire meglio i momenti di distacco. 

Le principali terapie che hanno dimostrato efficacia sono le seguenti:

  • Terapia Cognitivo-Comportamentale: aiuta il bambino a riconoscere e modificare i pensieri ansiogeni riguardo alla separazione, sostituendoli con pensieri più realistici e positivi. Attraverso esercizi graduali di esposizione, il bambino impara a separarsi dalle figure di attaccamento in modo progressivo, aumentando gradualmente la sua tolleranza al distacco. L’intervento può prevedere anche l’insegnamento di tecniche di rilassamento e gestione dello stress;
  • Parent Training: è un percorso di supporto per i genitori, che imparano strategie efficaci per gestire e ridurre l’ansia del bambino. I genitori sono guidati a sostenere il bambino nel processo di separazione senza alimentare paure e ansie. Il parent training può includere suggerimenti su come rispondere ai comportamenti ansiosi, come incoraggiare l’indipendenza e come evitare rinforzi involontari ai comportamenti di evitamento o di dipendenza;
  • Interventi familiari: spesso l’ansia da separazione è influenzata dalle dinamiche familiari, quindi un approccio che coinvolge tutta la famiglia può essere molto efficace. Gli interventi familiari mirano a migliorare la comunicazione tra i membri della famiglia e a ridurre eventuali comportamenti che possono inavvertitamente amplificare l’ansia del bambino. I genitori imparano a lavorare insieme per sostenere il bambino, mentre fratelli e altri familiari sono sensibilizzati sui modi migliori per agevolare l’autonomia e il benessere del piccolo.

In alcuni casi, può essere utile combinare questi approcci per ottenere un effetto sinergico, adattando il trattamento alle esigenze specifiche del bambino e della sua famiglia. Gli interventi tempestivi e mirati aiutano il bambino a sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ansia, promuovendo un senso di sicurezza e fiducia che lo accompagnerà anche nelle fasi successive della crescita.

Fonti

  • The Separation Anxiety Hypothesis of Panic Disorder Revisited: A Meta-Analysis, Joe Kossowsky, Ph.D., Monique C. Pfaltz, Ph.D., Silvia Schneider, Ph.D., Jan Taeymans, Ph.D., Cosima Locher, B.Sc., Jens Gaab, American Journal of Psychiatry;
  • Disturbo d’ansia da separazione, di Josephine Elia, MD, Sidney Kimmel Medical College of Thomas Jefferson University, Manuale MSD;
  • Separation Anxiety Disorder, di Joshua Feriante, Tyler J. Torrico, Bettina Bernstein, StatPearls;
  • Separation anxiety disorder, Mayo Clinic.

Attenzione!
Le informazioni qui riportate hanno carattere puramente divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportate sono assunte in piena autonomia decisionale.

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