Nel 2015 è uscito un film, con protagonista Will Smith, dal titolo “Zona d’ombra” (in inglese “Concussion”), nel quale si racconta la storia di del dottor Bennet Omalu, un neuropatologo nigeriano al quale si deve la descrizione, per la prima volta nel football americano, di una malattia degenerativa denominata encefalopatia traumatica cronica (CTE, dall’acronimo inglese Chronic Traumatic Encephalopathy).
Questa malattia colpisce il cervello dopo ripetuti traumi cranici, ed è spesso riscontrata in atleti di sport di contatto come, appunto, il football americano, il pugilato – non a caso è anche nota come sindrome da demenza pugilistica, identificata nei pugili negli anni ’20 – o l’hockey, e nei veterani militari esposti a esplosioni o altre lesioni cerebrali.
L’encefalopatia traumatica cronica è una malattia neurodegenerativa grave, caratterizzata da un progressivo deterioramento delle funzioni cognitive, comportamentali e motorie, un po’ come accade con il morbo di Parkinson o l’Alzheimer.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire cos’è l’encefalopatia traumatica cronica, quali sono le cause, i sintomi e le possibili cure.
Cos’è l’encefalopatia traumatica cronica (CTE)
Come accennato, l’encefalopatia traumatica cronica (CTE) è una malattia neurodegenerativa associata a traumi cranici ripetuti. Sebbene inizialmente si ritenesse che colpisse solo i pugili, la popolazione a rischio si è ampliata fino a comprendere una fascia demografica molto più ampia, tra cui giocatori di football americano, giocatori di hockey, lottatori e veterani militari.
Come vedremo più nel dettaglio, la CTE è caratterizzata dall’accumulo anomalo di una proteina nel cervello, la proteina tau iperfosforilata, che, in condizioni normali, contribuisce a stabilizzare le cellule nervose. Nel tempo, questo accumulo porta a danni cerebrali che si manifestano con una serie di sintomi cognitivi, comportamentali e motori progressivi.
Questa malattia si distingue per il suo sviluppo graduale: i sintomi, infatti, possono emergere anni o addirittura decenni dopo i traumi subiti, complicando il processo di diagnosi.
Attualmente, può essere diagnosticata con certezza solo post-mortem tramite esami del tessuto cerebrale, sebbene siano in corso ricerche per individuare biomarcatori e metodi diagnostici che permettano di riconoscerla durante la vita del paziente.
Le 4 fasi dell’encefalopatia traumatica cronica
Come illustrato nell’articolo “Chronic Traumatic Encephalopathy: A Brief Overview”, la encefalopatia traumatica cronica si sviluppa in quattro fasi progressive, caratterizzate da un peggioramento delle lesioni cerebrali.
- fase I: il cervello appare macroscopicamente normale, ma si riscontra l’accumulo di proteina tau in alcune aree specifiche, come la corteccia frontale e vicino ai piccoli vasi sanguigni. In questa fase, possono essere presenti pochi grovigli neurofibrillari (NFT) nel locus coeruleus;
- fase II: il cervello mostra già anomalie visibili, come l’ingrossamento dei ventricoli laterali e il cavo del setto pellucido. La proteina tau inizia a diffondersi nelle aree corticali più profonde;
- fase III: le anomalie cerebrali sono più evidenti, con perdita di peso del cervello, atrofia del lobo frontale e temporale, e dilatazione ventricolare. La proteina tau si estende ulteriormente nella corteccia frontale, temporale e parietale;
- fase IV: il cervello subisce una drastica perdita di peso, fino a 1.000 grammi, con una profonda atrofia dei lobi frontali e temporali, dei talami e della sostanza bianca. Quasi tutti i pazienti in questo stadio mostrano anomalie del setto, tra cui un setto pellucido cavo.
In questa immagine, contenuta nel summenzionato articolo, possiamo notare i cambiamenti nel cervello del paziente affetto da CTE lungo le 4 fasi evolutive della malattia.
Quali sono le cause della CTE?
Come ripetuto più volte, l’encefalopatia traumatica cronica è principalmente causata da traumi cranici ripetuti, che possono verificarsi nel corso di attività come sport di contatto o durante il servizio militare.
Volendo fare un elenco delle principali cause della CTE, potremmo indicare le seguenti:
- traumi cranici ripetuti: è strettamente collegata a colpi ripetuti alla testa e alle concussioni, che si verificano spesso negli sport di contatto. Il rischio è ovviamente maggiore per atleti che hanno subito numerosi impatti cranici nel corso della carriera;
- commozioni cerebrali gravi o lievi: le concussioni, che si verificano quando un impatto alla testa provoca una temporanea disfunzione cerebrale, sono una causa diretta di danno cerebrale. Anche gli impatti più lievi possono portare a danni cumulativi. Questi traumi minori ma ripetuti sono spesso sottovalutati, ma giocano un ruolo cruciale nello sviluppo della CTE;
- accumulo di proteina tau: a seguito dei traumi cranici, il cervello subisce cambiamenti patologici, tra cui l’accumulo anomalo della summenzionata proteina tau iperfosforilata. In condizioni normali, la proteina tau stabilizza le strutture interne delle cellule nervose, ma quando viene alterata dai traumi, si deposita in maniera irregolare, danneggiando le cellule cerebrali e ostacolando la comunicazione neuronale. Questo accumulo patologico porta al deterioramento cerebrale progressivo che caratterizza la malattia;
- durata dell’esposizione: più lungo è il periodo in cui una persona è esposta a traumi cranici, maggiore è il rischio di sviluppare la malattia in età adulta;
- fattori genetici e ambientali: anche se i traumi ripetuti siano la causa primaria, ci sono evidenze che suggeriscono come anche la predisposizione genetica possa giocare un ruolo nel determinare la suscettibilità individuale alla CTE. Alcuni studi indicano che varianti di determinati geni, come l’APOE ε4, possano aumentare il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, inclusa l’encefalopatia traumatica cronica. Anche fattori ambientali come l’età del primo trauma o il recupero inadeguato da precedenti commozioni cerebrali potrebbero influenzare il rischio.
La conoscenza dei fattori di rischio e delle cause alla base della malattia è fondamentale per migliorare la prevenzione e ridurne l’incidenza.
Come si manifesta la malattia?
I sintomi dell’encefalopatia traumatica cronica sono progressivi, spesso compaiono molti anni dopo l’esposizione a traumi cranici ripetuti, e possono coinvolgere funzioni cognitive, comportamentali e motorie.
Sintomi cognitivi:
- problemi di memoria: deterioramento della memoria a breve termine, che può rendere difficile ricordare informazioni recenti o appuntamenti;
- difficoltà di concentrazione: problemi a mantenere l’attenzione su compiti specifici, con difficoltà a concentrarsi su attività quotidiane o lavorative;
- confusione e disorientamento: episodi di confusione temporale o spaziale possono insorgere, rendendo difficile orientarsi in situazioni familiari o ricordare il contesto degli eventi;
- compromissione delle capacità decisionali: la capacità di prendere decisioni e risolvere problemi può essere alterata, portando a un rallentamento dei processi mentali e difficoltà a pianificare.
Sintomi comportamentali:
- depressione e ansia: i cambiamenti dell’umore sono frequenti, e molte persone con CTE sperimentano episodi di depressione, ansia e apatia;
- irritabilità e aggressività: aumento dell’irritabilità, con episodi di rabbia improvvisa o comportamenti impulsivi e aggressivi che erano assenti o meno pronunciati prima;
- paranoia e deliri: in alcuni casi avanzati, i pazienti possono manifestare sintomi psicotici, come deliri o comportamenti paranoici, percependo minacce immaginarie o interpretando in modo errato le intenzioni degli altri.
Sintomi motori:
- tremori e rigidità muscolare: sintomi motori simili al morbo di Parkinson, tra cui tremori delle mani, rigidità muscolare e movimenti rallentati;
- difficoltà di coordinazione: la capacità di controllare i movimenti può deteriorarsi, causando problemi di equilibrio e coordinazione. Camminare o compiere gesti quotidiani può diventare difficile;
- difficoltà a parlare (afasia): problemi nel controllo della voce, che diventa meno chiara o tremolante. Nei casi più avanzati, possono emergere disturbi del linguaggio.
La progressione dei sintomi varia da persona a persona, ma trattandosi di una malattia degenerativa, tendono a peggiorare nel tempo, limitando e compromettendo la capacità di svolgere attività quotidiane, lavorare o mantenere relazioni personali.
Come abbiamo spiegato prima, la CTE può essere suddivisa in quattro fasi, ciascuna delle quali corrisponde a un progressivo peggioramento dei sintomi:
- Fase 1: leggera confusione, occasionali mal di testa e disturbi dell’umore;
- fase 2: comparsa di sintomi cognitivi e comportamentali più marcati, come difficoltà di memoria e scatti d’ira;
- fase 3: sintomi più gravi, inclusi problemi cognitivi avanzati, depressione profonda e comportamenti impulsivi;
- fase 4: deterioramento cognitivo grave, con demenza conclamata, sintomi psicotici, problemi motori e dipendenza totale dall’assistenza.
Questi sintomi rendono la malattia devastante e complessa da gestire, causando una perdita dell’autosufficienza nei pazienti che ne sono affetti.
Cure e opzioni terapeutiche
Purtroppo, attualmente non esiste una cura definitiva per l’encefalopatia traumatica cronica, come accade per altre forme di demenza.
Di conseguenza, gli approcci terapeutici si concentrano sulla gestione dei sintomi e sul miglioramento della qualità della vita dei pazienti, ma la prevenzione rimane il modo più efficace per affrontare la malattia.
In linea generale, si può fare ricorso alle seguenti opzioni terapeutiche:
- terapia farmacologica: vengono spesso somministrati farmaci per trattare sintomi specifici come depressione, ansia, irritabilità e problemi di sonno. Gli antidepressivi, gli ansiolitici e i farmaci stabilizzanti dell’umore sono comunemente utilizzati per alleviare i disturbi comportamentali;
- terapie cognitive: la riabilitazione cognitiva può aiutare i pazienti a migliorare la memoria, la concentrazione e la capacità di pianificazione, ma anche a rallentare la progressione dei deficit cognitivi;
- psicoterapia: può essere utile per affrontare i cambiamenti di personalità, la depressione e l’ansia. Il supporto psicologico può anche aiutare i pazienti a gestire l’impulsività e i comportamenti aggressivi;
- fisioterapia: può contribuire a migliorare l’equilibrio e la mobilità, oltre a ridurre il rischio di cadute;
- terapia occupazionale: aiuta i pazienti a mantenere l’indipendenza nelle attività quotidiane, fornendo tecniche per gestire le limitazioni motorie e cognitive;
- terapie fisiche aggiuntive: l’esercizio fisico moderato ha dimostrato di migliorare l’umore e la funzione motoria;
- terapie neuroprotettive: i ricercatori stanno studiando l’uso di farmaci e interventi mirati a proteggere il cervello dal danno progressivo causato dall’accumulo della proteina tau. Queste terapie potrebbero potenzialmente rallentare o arrestare la progressione della CTE;
- farmaci sperimentali: diversi farmaci, compresi quelli utilizzati per il morbo di Alzheimer, sono in fase di studio per valutare la loro efficacia nel ridurre l’accumulo di tau e migliorare la funzione cognitiva nei pazienti con CTE;
- terapie geniche: sebbene ancora in fase sperimentale, potrebbero offrire in futuro soluzioni per correggere le anomalie genetiche che predispongono allo sviluppo della CTE.
Come accennato, però, la prevenzione è e rimane la strategia più importante per ridurre l’incidenza della malattia.
Negli sport di contatto, ad esempio, sono stati introdotti regolamenti più severi per ridurre i colpi alla testa, compreso l’uso di attrezzature protettive avanzate e protocolli rigorosi per il trattamento delle commozioni cerebrali.
Fonti
- Chronic traumatic encephalopathy in a National Football League player, Bennet I. Omalu et al., Neurosurgery;
- Chronic Traumatic Encephalopathy in Contact Sports: A Systematic Review of All Reported Pathological Cases, Joseph C. Maroon et al., PLOS ONE;
- Encefalopatia traumatica cronica (CTE), di Juebin Huang, MD, PhD, Dipartimento di Neurologia, University of Mississippi Medical Center, Manuale MSD;
- Chronic Traumatic Encephalopathy: A Brief Overview, Fesharaki-Zadeh, Front Neurol.
Attenzione!
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