La demenza rappresenta una delle principali cause di disabilità nel mondo, con un forte impatto sulla qualità della vita di chi ne è affetto e delle loro famiglie. Di conseguenza, comprendere le cause e i fattori di rischio associati è fondamentale per la prevenzione.
Negli ultimi anni, la ricerca ha evidenziato un possibile legame tra inquinamento atmosferico e sviluppo di disturbi neurodegenerativi, tra cui la demenza. L’inquinamento dell’aria, prodotto da fonti come il traffico, l’industria e l’agricoltura, è noto per i suoi effetti negativi sulla salute respiratoria e cardiovascolare. Tuttavia, studi recenti suggeriscono che possa anche influenzare negativamente il cervello.
Particolare attenzione è stata rivolta al particolato fine (PM2.5) e agli inquinanti gassosi, come gli ossidi di azoto (NOx) e il biossido di azoto (NO2). L’esposizione prolungata a queste sostanze potrebbe aumentare il rischio di sviluppare malattie neurodegenerative, favorendo processi infiammatori e danni alle cellule cerebrali.
Approfondiamo insieme, e cerchiamo di capire qual è la correlazione tra inquinamento atmosferico e demenza.
Legame tra inquinamento atmosferico e demenza: cosa dice la ricerca?
Diversi studi longitudinali hanno esaminato l’associazione tra l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico e l’incidenza di disturbi cognitivi e demenza, considerando vari inquinanti, evidenziando una correlazione diretta.
Vediamo, in sintesi, quali sono le principali evidenze scientifiche a riguardo.
- Particolato fine (PM2.5): l’esposizione prolungata al particolato fine è stata associata a un aumento del rischio di disturbi cognitivi, demenza e malattia di Alzheimer;
- un incremento di 1 μg/m³ nel PM2.5 è stato correlato a un aumento del 75% del rischio di compromissione cognitiva non demenza (CIND). Inoltre, il PM2.5 può favorire la progressione da CIND a demenza;
- anche a concentrazioni inferiori agli standard annuali attuali (12 μg/m³), il rischio di ricovero ospedaliero per disturbi neurologici aumenta linearmente, suggerendo l’assenza di una soglia di sicurezza.
- Altri inquinanti: gli ossidi di azoto (NOx) e il biossido di azoto (NO2) sono stati associati a un aumento del rischio di demenza;
- un aumento di 10 μg/m³ di NOx è stato correlato a un aumento del rischio di CIND.;
- studi condotti a Londra hanno mostrato un legame tra l’esposizione a NO2 e l’incidenza di demenza. Un aumento di 7,5 µg/m³ di NO2 ha portato a un incremento del rischio del 16%.
- Inquinamento da traffico: alcuni studi suggeriscono che l’inquinamento atmosferico derivante dal traffico potrebbe avere un impatto significativo sul rischio di sviluppare demenza.
Come l’inquinamento influisce sul cervello
In che modo l’inquinamento influisce sulla salute cognitiva? L’inquinamento atmosferico può avere diversi effetti dannosi sul cervello, tra cui i seguenti:
- neuroinfiammazione e stress ossidativo: l’esposizione a inquinanti può indurre infiammazione nel sistema nervoso e aumentare lo stress ossidativo, entrambi fattori associati a malattie neurodegenerative;
- danno alla barriera emato-encefalica: l’inquinamento può comprometterne la funzionalità, favorendo l’ingresso di sostanze tossiche nel cervello;
- nanoparticelle e particelle ultrafini: sono state individuate nanoparticelle di magnetite nel cervello umano, potenzialmente coinvolte nei processi neurodegenerativi. Le particelle ultrafini possono inoltre spostarsi dal tratto respiratorio direttamente al cervello.
Le ricerche indicano che non esiste una soglia di sicurezza per l’inquinamento atmosferico in relazione alla salute neurologica. Anche basse concentrazioni di inquinanti possono aumentare il rischio di sviluppare disturbi cognitivi e demenza.
Esistono gruppi di persone più vulnerabili?
L’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute cognitiva può variare in base a diversi fattori individuali e ambientali.
In particolare:
- età: gli anziani sono più vulnerabili agli effetti dell’inquinamento atmosferico sul cervello. Questa maggiore suscettibilità potrebbe derivare dalla fragilità dei loro sistemi biologici e dalla ridotta capacità di riparare i danni cellulari;
- condizioni preesistenti: persone con patologie cardiovascolari, come malattie ischemiche, ictus e insufficienza cardiaca, o con altre comorbilità come il diabete, potrebbero essere più sensibili agli effetti dell’inquinamento. Queste condizioni compromettono la funzione vascolare cerebrale, aumentando il rischio di danni neurologici;
- fattori socioeconomici: chi ha un basso status socioeconomico tende a essere più esposto agli inquinanti, vivendo spesso in aree più vicine a fonti di emissioni come strade trafficate e impianti industriali. Inoltre, la difficoltà di accesso alle cure mediche può amplificare il rischio di demenza. Studi hanno evidenziato che l’effetto del PM2.5 è più marcato nelle persone che risiedono in aree urbane densamente popolate;
- sesso: alcune ricerche indicano che le donne potrebbero essere più vulnerabili agli effetti dannosi del PM2.5 rispetto agli uomini, probabilmente a causa di fattori biologici, come le differenze ormonali, e sociali, come una maggiore aspettativa di vita;
- etnia: studi suggeriscono che alcune popolazioni potrebbero essere più vulnerabili agli effetti del PM2.5 rispetto ad altre. Questa differenza potrebbe essere influenzata da fattori genetici, socioeconomici o dalla diversa accessibilità ai servizi sanitari;
- variabilità geografica: l’esposizione all’inquinamento atmosferico varia in base alla località. Le aree urbane, con traffico intenso e attività industriali, tendono ad avere livelli di inquinamento più elevati rispetto alle zone rurali, incidendo sul rischio di demenza. Inoltre, alcune regioni possono essere maggiormente esposte a specifici inquinanti;
- esposizione pregressa: l’esposizione agli inquinanti in diverse fasi della vita può influenzare il rischio di sviluppare demenza. Il danno accumulato nel tempo potrebbe aumentare la vulnerabilità agli effetti nocivi dell’inquinamento;
- fattori genetici: la predisposizione genetica può interagire con l’esposizione agli inquinanti atmosferici. Ad esempio, il gene APOE, noto fattore di rischio per l’Alzheimer, potrebbe rendere alcune persone più suscettibili ai danni causati dall’inquinamento.
Questi fattori, interagendo tra loro, determinano il grado di vulnerabilità individuale agli effetti dell’inquinamento atmosferico sul rischio di demenza. Considerare queste variabili è essenziale per sviluppare strategie di prevenzione e protezione più efficaci.
Cosa possiamo fare?
Date le evidenze scientifiche fin qui disponibili, e l’inserimento dell’esposizione all’inquinamento atmosferico nella lista dei fattori di rischio per lo sviluppo di disturbi cognitivi e di demenza, sarebbe opportuno mettere in campo alcune azioni per contrastare questi effetti nocivi, sia a livello individuale che collettivo.
Quali sono, quindi, le azioni individuali consigliate?
- evitare attività fisica all’aperto durante le ore di punta del traffico o in zone ad alta concentrazione di inquinamento;
- utilizzare sistemi di filtraggio dell’aria in casa e sul luogo di lavoro, specialmente in aree urbane o vicine a strade trafficate;
- indossare mascherine anti-inquinamento in ambienti particolarmente inquinati;
- preferire percorsi meno trafficati per gli spostamenti quotidiani, optando per strade secondarie o aree verdi;
- seguire una dieta ricca di frutta, verdura e antiossidanti per contrastare lo stress ossidativo provocato dall’inquinamento;
- mantenere un’attività fisica regolare, evitando l’esposizione agli inquinanti durante l’esercizio;
- smettere di fumare, poiché il fumo aggiunge ulteriori sostanze nocive all’organismo;
- monitorare periodicamente la propria salute, soprattutto in presenza di fattori di rischio come malattie cardiovascolari o diabete.
Per quanto riguarda, invece, le azioni collettive e politiche, possiamo menzionare le seguenti:
- promuovere il trasporto pubblico e la mobilità sostenibile (biciclette, veicoli elettrici) per limitare le emissioni inquinanti;
- implementare politiche di restrizione del traffico, come zone a basse emissioni e incentivi per l’uso di mezzi ecologici;
- investire in tecnologie industriali più pulite per ridurre l’impatto delle emissioni delle fabbriche;
- sviluppare strategie energetiche sostenibili, incentivando le fonti rinnovabili al posto dei combustibili fossili;
- adottare normative più stringenti per le emissioni di inquinanti atmosferici a livello nazionale e internazionale;
- potenziare le reti di monitoraggio dell’inquinamento per una misurazione più accurata dei livelli di esposizione;
- informare i cittadini sui livelli di inquinamento e sui relativi rischi attraverso bollettini e applicazioni dedicate;
- attuare piani di emergenza nei periodi di elevato inquinamento per proteggere le persone più vulnerabili;
- creare spazi verdi nelle città per ridurre gli effetti dell’inquinamento atmosferico;
- progettare aree urbane con una distribuzione più equilibrata delle strutture sensibili, come scuole e ospedali, lontano da fonti di inquinamento;
- sostenere la ricerca sui meccanismi attraverso cui l’inquinamento influisce sulla salute cognitiva, favorendo strategie di prevenzione più efficaci;
- sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di ridurre l’inquinamento per la tutela della salute.
Insomma, le azioni individuali sono essenziali, ma è necessario un impegno congiunto di istituzioni, ricercatori e cittadini per migliorare la qualità dell’aria e proteggere il cervello dalle conseguenze dell’inquinamento.
Fonti
- Are noise and air pollution related to the incidence of dementia? A cohort study in London, England, Iain M Carey et al., BMJ Open;
- Air pollution as a risk factor for Cognitive Impairment no Dementia (CIND) and its progression to dementia: A longitudinal study, Jing Wu et al., Environment International;
- Long-term effects of PM2·5 on neurological disorders in the American Medicare population: a longitudinal cohort study, Liuhua Shi et al., The Lancet Planetary Health;
- Magnetite pollution nanoparticles in the human brain, Barbara A. Maher et al., PNAS;
- Ambient air pollution and clinical dementia: systematic review and meta-analysis, Elissa H. Wilker et al., BMJ.
Attenzione!
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