Gli studi dimostrano che 1 persona su 2.000 soffre di narcolessia. Uomini e donne, indistintamente, mostrano i primi segni nell’adolescenza, ma non è escluso un primo esordio in età infantile o tra i 25 e i 40 anni.
Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi vera e propria possono trascorrere anche 10 anni ma, come anche nel caso di altri disturbi del sonno, è importante riconoscere questa patologia e trattarla in modo adeguato.
Cos’è la narcolessia?
Descritta per la prima volta da Gelineau, autore che l’ha differenziata dall’epilessia e da altre forme di isteria, la narcolessia è una patologia neurologica il cui elemento principale è l’eccessiva sonnolenza diurna.
Le aree del cervello che regolano il ritmo sonno-veglia e l’alternanza delle fasi del sonno, a causa di un disturbo funzionale, provocano degli attacchi di sonno improvvisi che si possono manifestare in qualsiasi momento del giorno. Anche il sonno notturno è disturbato e la principale volontà di chi ne soffre è quella di curare l’insonnia causa di potenziali numerosi malesseri quotidiani.
Perché viene la narcolessia?
Di questa patologia ancora non si conosce la causa scatenante. Tuttavia, gli studi scientifici condotti hanno dimostrato il coinvolgimento dell’orexina (o ipocretina). Si tratta di una molecola del cervello, un neurotrasmettitore che, per la sua presenza ridotta o addirittura assente, provoca questo sbilanciamento legato al sonno.
Il deficit di orexina provoca i colpi di sonno improvvisi, anche durante il giorno, e una conseguente incapacità di mantenere la veglia per un periodo prolungato. Il riposino pomeridiano non è più una scelta, ma una necessità.
Alla base di questo deficit può esserci una reazione autoimmune dell’organismo, così come la coesistenza di altri fattori ambientali e genetici, che favoriscono la manifestazione della patologia.
Come capire se si ha la narcolessia?
Prima di arrivare a una concreta diagnosi di narcolessia, è necessario partire dall’individuazione dei sintomi.
Inoltre, è importante non confondere questa patologia con il sonno polifasico e il sonno bifasico. Seppur tutte questa condizioni siano caratterizzate da un’alterazione del ritmo circadiano tradizionale e alternino fasi di sonno e veglia in modo inusuale, non bisogna dimenticare che le altre due sono scelte consapevoli, mentre la narcolessia è una patologia e, in quanto tale, involontaria.
I sintomi della narcolessia
Cosa succede se non si dorme o, perlomeno, se non lo si fa alternando sonno-veglia nel modo tradizionale? Ecco i sintomi, con rispettive manifestazioni, della narcolessia:
- Attacchi di sonno diurno: dalle 5 alle 10 volte al giorno si verificano episodi di eccessiva sonnolenza, della durata media di 10-20 minuti. Questi colpi di sonno si manifestano soprattutto in situazioni noiose o monotone, ma anche dopo pranzo o mentre si aspetta l’autobus;
- Perdita di tono muscolare (cataplessia): questo fenomeno può riguardare solamente i muscoli del viso e del collo, corrispondendo alla caduta della mandibola o a difficoltà di scandire bene le parole pronunciate, ma può interessare anche tutto il corpo, causando il cedimento delle ginocchia, l’incapacità delle mani di reggere gli oggetti o, nei casi più gravi, la caduta di se stessi a terra. Solitamente la cataplessia si manifesta in momenti di grande emozione, sia positiva che negativa;
- Paralisi del sonno: questo fenomeno si manifesta quando il narcolettico sta per addormentarsi o per svegliarsi, quando cerca di muoversi o di parlare ma non ci riesce. La paralisi del sonno può manifestarsi anche in situazioni diverse, di veglia, soprattutto se la persona vive in condizioni di privazione del sonno;
- Allucinazioni: nel momento in cui la persona si addormenta o si sveglia può vivere degli episodi allucinatori riguardanti insetti, volti noti, ecc. Questo fenomeno può manifestarsi anche in momenti di veglia, soprattutto in condizioni di privazione del sonno.
I soggetti narcolettici manifestano inoltre altri sintomi come depressione, cefalee, risvegli notturni improvvisi. Solamente il 10-15% manifesta tutti questi sintomi in modo completo.
La diagnosi della narcolessia
Per poter trattare correttamente la narcolessia è opportuno diagnosticarla nel minor tempo possibile. Trattandosi di una patologia che, statisticamente, è sottodiagnosticata, la prima cosa da fare qualora ci si accorga dei sopramenzionati sintomi è rivolgersi al proprio medico. Questo valuterà la situazione ed eventualmente sottoporrà il paziente ad esami più approfonditi.
Indipendentemente da questo, come primo step, il paziente può compilare un questionario di autovalutazione, attraverso la scala della sonnolenza di Epworth: da 8 domande e risposte, con scala numerica da 0 a 24, è possibile individuare una situazione di eccessiva sonnolenza diurna (se il punteggio finale è superiore a 10). Tuttavia, la scala di Epworth non è sufficiente a diagnosticare la narcolessia, può però essere la base per un approfondimento di settore.
L’anamnesi del medico, invece, può confermare la diagnosi di narcolessia se l’ipersonnia diurna dura da almeno 3 mesi e se c’è un riscontro positivo alla Multiple Sleep Latency test (MSLT). Quest’ultimo è un test diurno, eseguito 4-5 volte durante il giorno, durante le quali il paziente deve cercare di addormentarsi. La durata di ogni sessione è di 35 minuti, con intervallo di 2 ore. Se, dal MSLT, risulta una latenza media di addormentamento inferiore agli 8 minuti e la comparsa di sonno REM in almeno 2 delle sedute, si accerta la diagnosi di narcolessia.
Come si cura la narcolessia?
Dobbiamo innanzitutto dire che al momento non esiste una cura specifica con cui curare le cause scatenanti della narcolessia. Tuttavia, è possibile seguire una terapia comportamentale che si basa su pisolini strategici di 15-20 minuti, da mettere in atto in quei momenti della giornata in cui la sonnolenza è molto forte. Il sonno notturno, invece, deve rimanere quanto più regolare possibile, evitando le cattive abitudini che precedono il coricamento e mettendo in pratica i rimedi contro i risvegli notturni.
In aggiunta, è possibile assumere degli integratori per il sonno che, grazie alla loro composizione a base di melatonina pura, aiutano l’organismo a rilassarsi e prepararsi al sonno notturno.
Nonostante alcuni pazienti necessitino dell’integrazione di una terapia farmacologica, per la quale è ovviamente necessaria la prescrizione medica, un cambiamento dello stile di vita può sicuramente contribuire a migliorare la qualità del sonno e abbassare anche il rischio di problematiche conseguenti alla sua privazione.
Fonti e bibliografia
- Richard J. Schwab, 2022 – Narcolessia
- Carolina Lombardi e Paola Mattaliano – Narcolessia
- I.R.C.C.S. Ospedale San Raffaele – Narcolessia
Attenzione!
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