Obesità psicogena: la relazione complessa tra cibo ed emozioni

Obesità Psicogena

Nella società attuale, il cibo è spesso simbolo di conforto, gratificazione e convivialità. Tuttavia, non tutti lo vivono in modo positivo: per alcune persone, il cibo rappresenta una sfida dolorosa, fonte di ambivalenza e sofferenza interiore.
Questo è il caso dell’obesità psicogena, una condizione caratterizzata da un aumento di peso legato principalmente a fattori emotivi e psicologici, più che a cause fisiche o metaboliche, con gravi ripercussioni su salute e benessere.

L’obesità psicogena èun disturbo sempre più diffuso nelle società moderne, dove l’isolamento emotivo e le pressioni sociali possono alimentare l’uso compensatorio del cibo per rispondere a difficoltà emotive e relazionali.

Che cos’è l’obesità psicogena?

L’obesità psicogena è un disturbo del comportamento alimentare che nasce da disagi di tipo psicologico, piuttosto che da problematiche metaboliche o genetiche. La persona affetta sviluppa una dipendenza dal cibo come risposta a stati d’animo depressivi e ansiosi o a un malessere interiore profondo, e si nutre in modo compulsivo nella ricerca di sollievo emotivo.

In questa condizione, il cibo diventa un “sostituto emotivo” per colmare la mancanza di relazioni appaganti e per lenire frustrazioni. Assumendo un ruolo quasi protettivo o autodistruttivo, il cibo aiuta a nascondersi e a difendersi da un mondo percepito come minaccioso o insoddisfacente.

Caratteristiche psicologiche dell’obesità psicogena

Le persone che vivono questa condizione tendono ad avere un forte sovrappeso senza cause mediche specifiche; il cibo è usato per riempire un vuoto e dare sollievo emotivo, mentre il grasso accumulato sembra costituire una “barriera” tra sé e gli altri, una protezione dalle emozioni e un tentativo inconscio di autodistruzione.

In questo disturbo, l’alimentazione eccessiva assume una duplice funzione simbolica:

  • Difesa dalle aggressioni esterne: l’accumulo di massa adiposa può essere vissuto come una “corazza” che protegge dalle emozioni dolorose e dalle relazioni, creando un confine tra sé e il mondo
  • Strumento di autoaggressione: l’iperalimentazione può esprimere un tentativo di autopunizione, che si associa spesso a fantasie distruttive, sensi di colpa e vergogna

Chi soffre di obesità psicogena può inoltre manifestare alessitimia, ovvero difficoltà nel riconoscere e descrivere le proprie emozioni, che può spingere a una dipendenza patologica dal cibo.

Comportamenti tipici associati

Le persone affette da questo disturbo sviluppano spesso comportamenti alimentari specifici:

  • Grazing: assunzione continua di piccole quantità di cibo durante l’intera giornata
  • Snacking: consumo di alimenti ipercalorici fuori dai pasti, come reazione a emozioni negative

Questi schemi, uniti alla scarsa attività fisica, contribuiscono a un aumento progressivo del peso. Il grasso corporeo, inoltre, può rappresentare una forma di “ritenzione emotiva”: le emozioni non riconosciute o gestite si trasformano in un “peso” fisico, in un tentativo inconscio di essere visti e riconosciuti.

Cause, origini e rischi di questa condizione

Secondo la psicologia dello sviluppo, le radici dell’obesità psicogena risiedono spesso nelle prime esperienze infantili, in particolare nel legame tra nutrizione e emozioni. Se, ad esempio, i bisogni emotivi di un bambino vengono sistematicamente risolti attraverso il cibo, potrebbe svilupparsi la tendenza a confondere il disagio emotivo con la fame, mantenendo questa confusione anche in età adulta.

Crescendo, il soggetto può sviluppare una relazione disfunzionale con il proprio corpo e con le emozioni, ricorrendo al cibo come unico mezzo per calmare stati di malessere difficili da gestire, spesso alimentati da una bassa autostima e da una percezione negativa di sé.

L’eccesso di cibo e il notevole aumento di peso possono compromettere gravemente la qualità della vita, e nei casi più estremi portare a invalidità e gravi rischi per la salute.

Trattamento e cure

L’obesità psicogena richiede un intervento terapeutico integrato che comprenda aspetti fisici, medici, psicologici e relazionali. Affrontare il disturbo soltanto sul piano fisico, infatti, risulta spesso inefficace, perché trascura le radici emotive e relazionali che ne alimentano la persistenza.

La psicoterapia è quindi fondamentale, poiché il vero obiettivo non è solo la perdita di peso, ma la capacità di prendere contatto con il proprio mondo emotivo, imparando a distinguere e a vivere le emozioni per ciò che sono, senza trasformarle in manifestazioni fisiche di disagio.

Un altro aspetto cruciale è il lavoro sull’autostima e sulla percezione di sé, spesso minate da sentimenti di inadeguatezza. Il percorso terapeutico deve incoraggiare una visione positiva di sé, favorendo l’acquisizione di nuove risorse e di una consapevolezza che permetta di interrompere il circolo vizioso della dipendenza dal cibo.

Oltre alla psicoterapia, esistono strategie utili per la gestione di questa patologia, come:

  • Pratiche di mindfulness: aiutano a sviluppare consapevolezza emotiva e distinguere la fame emotiva da quella fisica
  • Attività fisica regolare: è utile per ridurre il disagio psicologico e migliorare la relazione con il corpo
  • Supporto sociale: come i gruppi di supporto, riducono il senso di isolamento e incoraggiano la condivisione

Solo un intervento integrato può portare a un cambiamento duraturo e a una migliore qualità della vita, aiutando la persona a ristabilire un equilibrio emotivo e a superare una condizione di sofferenza radicata nel passato.

È sempre consigliato il parere di uno specialista se si dovesse soffrire di qualcuno dei sintomi appena elencati, o se si dovesse conoscere qualcuno che ne soffre; un medico e uno psicoterapeuta possono aiutare nell’identificazione della condizione e aiutarti a trovare la cura migliore.

Fonti e bibliografia

Attenzione!
Le informazioni qui riportate hanno carattere puramente divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportate sono assunte in piena autonomia decisionale.

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