Il rapporto tra salute mentale e intestino è stato al centro di numerosi studi nel corso degli ultimi anni, dando vita ad una disciplina nuova denominata psicobiotica.
Si tratta, come vedremo più nel dettaglio nell’articolo, di una nuova branca della medicina, che studia appunto in che modo la salute intestinale influenza quella mentale e viceversa.
D’altronde, non è un caso che proprio l’intestino sia considerato il secondo cervello umano, una complessa rete di neuroni e neurotrasmettitori nota come sistema nervoso enterico. Inoltre, si è stabilito anche che la flora batterica presente al suo interno, di fondamentale importanza per il nostro organismo, ha un legame indissolubile con la salute mentale.
Vediamo insieme cos’è la psicobiotica, in cosa consiste, quali sono le evidenze scientifiche emerse in questi anni, e qual è il legame tra salute mentale e intestino.
Cos’è la psicobiotica
Come si può leggere sul sito della American Psychological Association, fino a 10 anni fa parlare di psicobiotica era considerato “molto marginale e un po’ eccentrico”, eppure negli ultimi anni ha trovato sempre più interesse nella comunità medico-scientifica.
La psicobiotica è, come accennato, una nuova branca della scienza medica, di recente sviluppo, basata sul rapporto tra la salute mentale e il benessere intestinale, in particolare in riferimento ai batteri presenti nel nostro intestino.
È quello che viene definito “asse microbioma-intestino-cervello”, un asse che ricordiamo essere bidirezionale.
Il termine è frutto dell’unione crasi di due parole, psicologia e microbiota, ovvero quella che solitamente chiamiamo flora batterica o flora intestinale.
Anche se oggi può suonare banale, per moltissimi anni gli scienziati hanno cercato di dimostrare il legame tra cervello e intestino, forti di alcune evidenze difficili da ignorare.
Spesso, infatti, i disturbi mentali, in particolare ansia e depressione, si manifestano attraverso disagi a livello intestinale, che a loro volta possono provocare disturbi dell’umore.
A tal proposito, riportiamo un passaggio presente sul sito della APA:
“Le persone con disturbi gastrointestinali hanno tassi superiori alla media di problemi neuropsichiatrici come il disturbo bipolare e la depressione, osserva, mentre le persone con schizofrenia hanno spesso marcatori del sangue indicativi di infiammazione gastrointestinale. Anche le persone con disturbo dello spettro autistico hanno tassi più elevati di problemi gastrointestinali rispetto alla popolazione generale.”
Insomma, esiste un legame tra salute intestinale e salute mentale, molto complesso e ampio, che viene ben sintetizzato da questo grafico presente nel paper “Psychobiotics in mental health, neurodegenerative and neurodevelopmental disorders” e che riportiamo di seguito.
Il ruolo dell’intestino
Grazie agli studi eseguiti nel corso degli ultimi anni, si è potuto appurare che l’intestino ricopre un ruolo importantissimo nella produzione di alcuni neurotrasmettitori che sappiamo essere centrali nello sviluppo di disturbi mentali, come la serotonina ad esempio, sintetizzata per il circa il 90% proprio dal nostro intestino.
Le ricerche condotte finora si sono concentrate soprattutto su studi eseguiti su ratti, mentre quelle sugli esseri umani sono ancora poche, ma i dati sembrano suggerire il ruolo essenziale della flora intestinale per la salute mentale.
Cosa sono gli psicobiotici
Abbiamo detto che il nostro intestino è considerato un secondo cervello, perché in esso sono presenti tantissime terminazioni nervose. Abbiamo, inoltre, sottolineato l’importanza della flora intestinale, il Microbiota, nella produzione di numerosi neurotrasmettitori, primo fra tutti la serotonina, che sappiamo essere essenziale per la salute mentale.
Ne consegue che nel trattamento dei disturbi mentali, come la depressione, l’ansia, ma anche lo stress, potrebbe essere utile intervenire sul Microbiota.
Come? Attraverso i cosiddetti psicobiotici.
Gli psicobiotici si riferiscono a batteri vivi che, se ingeriti in quantità adeguate, potrebbero conferire benefici per la salute a causa dell’interazione con il microbiota intestinale attraverso le relazioni batteri-cervello.
Gli psicobiotici influenzano il sistema nervoso centrale e le sue funzioni correlate grazie alla mediazione dei comportamenti controllati dall’asse intestino-cervello attraverso le vie neurale, immunitaria e metabolica. Queste interazioni servono a migliorare la funzione gastrointestinale. È stato segnalato che ceppi psicobiotici inibiscono l’infiammazione e riducono i livelli di cortisolo, alleviando così i sintomi di ansia e depressione.
Come detto prima, però, gli studi sulla popolazione umana sono ancora scarsi, quindi persistono i dubbi sull’impiego degli psicobiotici per il trattamento di depressione e ansia, in particolare per quanto riguarda le dosi da somministrare e gli effetti sul lungo periodo, ma le evidenze che emergono periodicamente sembrano confermarne l’utilità.
Conclusioni
La psicobiotica è una scienza ancora molto giovane e acerba, che necessita di una maggiore quantità di studi sugli uomini, ma le premesse sono davvero molto promettenti e interessanti.
Se venisse confermata l’utilità dell’assunzione di psicobiotici all’interno di una terapia più ampia per disturbi mentali, demenza senile e varie patologie neuro-degenerative, potrebbe rappresentare una vera svolta per il settore.
Per le forme più lievi di depressione e ansia, ad esempio, si potrebbe riuscire a trattare i sintomi attraverso rimedi naturali, come i nostri integratori nutraceutici, e questi psicobiotici, evitando così gli effetti collaterali associati all’assunzione di antidepressivi SSRI.
Attenzione!
Le informazioni qui riportate hanno carattere puramente divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportate sono assunte in piena autonomia decisionale.