Cos’è il trauma intergenerazionale: l’eredità emotiva

Trauma Intergenerazionale

Quando si parla di trauma intergenerazionale e di eredità emotiva ci si addentra in un terreno molto complesso, che afferisce al più ampio tema della trasmissione intergenerazionale delle esperienze, delle emozioni ad esse connesse e del patrimonio psichico delle persone. 

Si tratta, come vedremo, dell’idea di un movimento e un passaggio che avviene attraverso generazioni successive, non sempre definito con precisione e spesso riguardante aspetti non concreti, con contorni sfumati, che si trasferiscono nelle menti e nei corpi degli individui, il più delle volte in modo inconsapevole e senza intenti specifici. 

La complessità e la multidimensionalità del fenomeno sono evidenti fin dall’analisi teorica e dall’indagine dei meccanismi sottostanti. Intervengono infatti un numero elevato di fattori di natura diversa, sia genetico-biologica che psicologico-sociale, che si mescolano, influenzando i risultati con modalità diversificate e non facilmente prevedibili. 

Sebbene la trasmissione di esperienze positive sia di grande interesse, la ricerca si è concentrata prevalentemente sull’analisi del passaggio di esperienze negative, in particolare quando queste sono fonte di grande sofferenza e possono essere considerate traumatiche.

Cosa s’intende con trauma intergenerazionale?

Come accennato, il trauma intergenerazionale si verifica quando gli effetti di un trauma vengono trasmessi da chi lo ha vissuto ai suoi discendenti. Può essere chiamato anche trauma transgenerazionale o multigenerazionale

Esso implica che l’esposizione a eventi estremamente avversi impatti le persone a un livello tale che i loro figli si ritrovano a confrontarsi con lo stato post-traumatico dei genitori

Secondo alcune tesi più recenti l’effetto dell’esperienza traumatica potrebbe essere trasmesso in qualche modo da una generazione all’altra attraverso meccanismi non-genomici, possibilmente epigenetici, che influenzano la funzione del DNA o la trascrizione genica.

Come si manifesta?

Le persone colpite da trauma intergenerazionale possono manifestare sintomi simili a quelli del disturbo da stress post-traumatico (PTSD), inclusi ipervigilanza, ansia e disregolazione dell’umore. 

A differenza del PTSD, però, poiché l’individuo non ha vissuto direttamente il trauma originario, non sperimenta flashback o ricordi intrusivi legati a quell’evento. I sintomi e le risposte traumatiche sono ereditate da eventi che non gli sono accaduti personalmente.

Queste manifestazioni possono variare da soggetto a soggetto, ma spesso tendono ad assomigliare a quelle dei genitori.

Ad esempio:

Inoltre, le risposte allo stress ereditate sono collegate a problemi di salute fisica, come malattie cardiache, ictus o morte precoce. Si può riscontrare una ripetizione del rischio psicosociale all’interno delle famiglie, ad esempio la tendenza a perpetrare violenza se si è stati vittima di maltrattamento. 

I traumi relazionali infantili possono causare una vulnerabilità alla dissociazione, un sintomo grave in cui la personalità appare divisa e inconsapevole a livello di memoria e stati di coscienza. Nei casi di disturbi di personalità, spesso si riscontra una disregolazione affettiva e una dinamica di identificazione con l’aggressore.

Come avviene la trasmissione?

Il concetto di trasmissione ci fa subito pensare al passaggio di un elemento da un soggetto A a un soggetto B, un po’ come accade, ad esempio, con i patogeni. In questi casi, però, avviene una esposizione e un contatto diretto con l’elemento “infetto”, quindi chi ha il raffreddore può mischiarlo ad altre persone. 

La trasmissione del trauma da una generazione a quella successiva, invece, è molto più complessa di così

La ricerca scientifica e medica hanno individuato i seguenti meccanismi di trasmissione:

  1. Meccanismi psicologici e sociali:
    • trasmissione del patrimonio psichico: esperienze, emozioni e un generale “patrimonio psichico” vengono trasmessi, spesso in modo inconscio. I conflitti non adeguatamente elaborati da una generazione vengono trasmessi alla successiva, al di là della volontà consapevole;
    • modelli di attaccamento: la tendenza alla ripetizione dei pattern di attaccamento (sicuro, insicuro, disorganizzato) è alta tra generazioni. Il modello interno del genitore ha un’alta probabilità di ritrovarsi nel figlio. Le relazioni con le figure di attaccamento primarie interiorizzate diventano modelli per il futuro ruolo genitoriale. L’attaccamento insicuro deriva da interazioni con genitori insicuri;
    • processi difensivi dei genitori: i meccanismi difensivi dei genitori nei confronti delle proprie esperienze emotive negative non elaborate portano a una comprensione incompleta o scorretta degli stati di ansia e stress del figlio, generando risposte insensibili e inadeguate. Questo include il fallimento nel “rispecchiamento” e nel contenimento delle emozioni del bambino;
    • povertà metacognitiva: una ridotta capacità di comprendere i propri e gli altrui stati interni rende l’adulto inabile a riconoscere gli stati mentali del bambino, che rimane privo di contenimento e più vulnerabile. Un bambino che non riceve ripetutamente rispecchiamento non impara ad auto-contenersi;
    • identificazione con l’aggressore: in caso di maltrattamento o abuso, il bambino può identificarsi con l’aggressore, il che può portare a fare del male a se stesso o agli altri da adulto;
    • stato emotivo dei genitori: la psicopatologia materna (es. depressione, ansia), l’isolamento sociale, la mancanza di un partner o di lavoro sono fattori di rischio riconosciuti. Madri depresse o non risolte possono trasmettere al bambino le proprie dissociazioni, anche senza maltrattamento attivo;
    • accudimento e intersoggettività: la crescita del bambino dipende dalla costante sintonizzazione tra l’emisfero destro del caregiver e quello del bambino. L’accudimento (sguardo, tocco, voce, ecc.) è un “regolatore nascosto” dei sistemi biologici e relazionali del bambino. Maltrattamenti o scarsa sintonizzazione danneggiano questo processo.
  2. Meccanismi genetico-biologici ed epigenetici:
    • alterazioni fisiologiche: le esperienze negative materne possono indurre alterazioni nei parametri fisiologici e neuroendocrini del feto durante la gestazione;
    • ruolo della gravidanza: la gravidanza è un periodo cruciale in cui esperienze ed emozioni materne vengono trasmesse al feto tramite cambiamenti nell’ambiente uterino. Queste variazioni biologiche influenzano lo sviluppo psico-fisico del bambino;
    • sistema dello stress: esperienze traumatiche come il maltrattamento infantile causano un’attivazione persistente del sistema infiammatorio e dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene o HPA (i principali sistemi di risposta allo stress). Nelle persone traumatizzate, manca il feedback negativo che interrompe la risposta, portando a iperattivazione. Queste alterazioni biologiche si trasmettono al feto, che adegua i propri livelli di cortisolo a quelli materni e sviluppa anch’esso una risposta alterata allo stress;
    • epigenetica: alcuni studi suggeriscono che i traumi emotivi possano alterare l’attivazione e la disattivazione dei geni nella prole. L’epigenetica studia come i geni si “accendono” e “spengono”, e questi effetti possono essere multigenerazionali. Sebbene la ricerca sia più avanzata nei modelli animali, studi sugli esseri umani hanno riscontrato livelli alterati di metilazione del DNA (un meccanismo epigenetico) nel gene FKBP5 nei figli di sopravvissuti all’Olocausto (madri) e nello sperma di veterani del Vietnam con PTSD (padri). Queste alterazioni epigenetiche sono state collegate a un maggiore rischio di disturbi psichiatrici. L’ambiente, in particolare quello materno, può facilitare modificazioni epigenetiche che possono passare tra generazioni.

Si può prevenire o curare il trauma intergenerazionale? 

Nonostante la complessità, il trauma intergenerazionale non è un destino immutabile. È possibile prevenirlo e affrontarlo con successo.

Come? Conoscendo il problema. L’identificazione dei fattori di rischio, come la predisposizione alla depressione prenatale, può aiutare a interrompere il meccanismo di trasmissione.

La conoscenza dei fattori di protezione (genetici, ambientali come supporto sociale/relazione di coppia, caratteristiche personali, capacità di coping) è altrettanto importante per avviare interventi di promozione della salute.

La psicoterapia è, ovviamente, uno strumento fondamentale. La rielaborazione dei traumi vissuti dai genitori o nonni può portare a una “inversione positiva” delle ferite ereditate, favorendo ad esempio un forte spirito di resistenza.

In alcuni casi potrebbe addirittura essere possibile invertire alcuni cambiamenti epigenetici, creando ambienti arricchiti o stimolanti per ridurre i comportamenti associati al trauma.

Inoltre, esistono interventi e terapie specifiche sul trauma che possono aiutare a gestire i sintomi, comprendere l’impatto e modificare pattern radicati, favorendo la guarigione di sé e delle generazioni future. 

Insomma, il trauma intergenerazionale può essere completamente guarito creando un ambiente in cui non si verifichino ulteriori traumi per più generazioni, o fornendo gli strumenti e il supporto per elaborarlo anche in presenza di stress continui.

Domande frequenti (FAQ)

Quali sono i principali fattori che possono proteggere dalla trasmissione intergenerazionale dello stress e del trauma?

I principali fattori protettivi includono la qualità delle relazioni di accudimento, il supporto sociale e la qualità della relazione di coppia del genitore. Altri fattori importanti sono le caratteristiche personali come la resilienza e le capacità di coping. L’ambiente può anch’esso intervenire.

Le relazioni di attaccamento sono importanti come fattori protettivi?

Assolutamente sì. Una relazione sicura e attenta con un adulto, anche esterna alla famiglia ma stabile nel tempo, può essere sufficiente a promuovere fiducia e sicurezza nel bambino e ad attivare le sue capacità di recupero. Un buon accudimento favorisce un ottimale sviluppo neurobiologico e crea rappresentazioni interne positive che fungono da sostegno contro traumi futuri.

Come influisce la sicurezza del genitore sulla trasmissione?

Un genitore con attaccamento sicuro ha un’alta probabilità di avere un figlio con attaccamento sicuro. Questa sicurezza del genitore è un buon predittore della sicurezza del figlio, facilitando un rapporto basato sull’accettazione positiva e sull’empatia.

Le esperienze psicoterapeutiche possono interrompere la trasmissione del trauma?

Sì, le esperienze psicoterapeutiche giocano un ruolo cruciale. Possono rappresentare esperienze relazionali positive correttive, fornendo le condizioni per un’esperienza intersoggettiva rassicurante che consente il ripristino della coerenza e della conoscenza di sé. Aiutano ad accedere all’auto-riflessione e a elaborare parti emotive dissociate.

Fonti

Attenzione!
Le informazioni qui riportate hanno carattere puramente divulgativo e orientativo, non sostituiscono la consulenza medica. Eventuali decisioni che dovessero essere prese dai lettori, sulla base dei dati e delle informazioni qui riportate sono assunte in piena autonomia decisionale.

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