I malati di Alzheimer, e di disturbi cognitivi in genere, sono a rischio di un fenomeno noto come wandering, in italiano “vagabondaggio”, che consiste nella tendenza a vagare, perdersi o confondersi rispetto al luogo in cui si trovano, ed è associato a depressione, rischi di caduta e mortalità.
Per approfondire, invitiamo a leggere l’articolo Alzheimer e depressione: come distinguerle.
Si tratta di un effetto collaterale della malattia molto frequente, che colpisce almeno una volta nella vita circa 6 persone su 10 affette da Alzheimer, con conseguenze più o meno gravi.
In effetti, il paziente rischia di perdersi e farsi del male, recandosi in un luogo non familiare, oltre a creare preoccupazione e disagio nei caregiver, che si trovano a dover gestire lo stato confusionale della persona cara.
Cos’è il wandering nei malati di Alzheimer
Il wandering o vagabondaggio consiste in un’attività motoria incessante del malato, che tende a camminare senza una meta e uno scopo precisi, spesso di notte.
La demenza senile interferisce con le abilità cognitive sotto molti aspetti, e uno degli effetti che siamo soliti associare a queste malattie è la perdita di memoria e di cognizione del reale.
Con il wandering quello che succede è abbastanza semplice da inquadrare in termini generali; il paziente perde coscienza di sé nel presente, non riconosce luoghi e persone, e inizia a vagare alla ricerca di qualcosa, come una vecchia casa, un familiare deceduto, un vecchio amico, un oggetto, o altro.
Per approfondire invitiamo a leggere il nostro articolo Quali sono le cause e i fattori di rischio dell’Alzheimer.
Perché accade?
Stabilire le ragioni alla base del vagabondaggio nei malati di demenza senile è molto difficile, perché sono tantissime le variabili che entrano in gioco.
Detto questo, esistono delle motivazioni ricorrenti, che si presentano con una certa frequenza e in maniera trasversale:
- avere troppo caldo o troppo freddo;
- essere agitati a causa degli effetti collaterali di un farmaco,del troppo rumore o di altre forme di sovrastimolazione;
- essere a disagio;
- credere di aver bisogno uscire di casa per andare a lavorare o per prendersi cura dei propri figli;
- non riconoscere la propria casa e potrebbe voler andare da qualche parte che gli risulta più familiare;
- essere disorientamento. Passare a un nuovo quartiere o una nuova casa può aumentare il rischio di vagabondaggio;
- sperimentare allucinazioni dovute alla malattia o ad alcuni farmaci;
- cercare sollievo dalla noia;
- sperimentare disturbi del sonno, che possono creare confusione tra notte e giorno.
Ogni paziente è una storia a sé, e sperimenta sintomi della malattia differenti rispetto ad altri, di conseguenza è difficile stabilire se e come sperimenterà uno o più episodi di vagabondaggio.
In cosa consiste il wandering?
Il wandering si riferisce a una varietà di comportamenti che possono portare una persona che vive con la demenza a perdersi.
Ad esempio, potrebbe:
- fare tardi di ritorno da una normale passeggiata, da un giro in auto o con i mezzi di trasporto pubblici;
- dimenticare come raggiungere luoghi familiari;
- parlare di svolgere attività ormai abbandonate, come andare a lavorare;
- desiderare di tornare a casa, nonostante si trovi nella propria abitazione, che non riconosce come tale. Spesso subentra il ricordo di una casa nella quale ha vissuto in passato;
- diventare irrequieto, a camminare o compiere movimenti ripetitivi;
- manifestare difficoltà a localizzare luoghi familiari, come il bagno, la camera da letto o la sala da pranzo;
- chiedere dove si trovavano persone che facevano parte della sua vita in passato, magari deceduti da tempo;
- diventare nervoso o ansioso in aree affollate, come mercati o ristoranti.
Chiunque abbia, o abbia avuto in passato, un proprio familiare affetto da una forma di demenza senile ha con elevata probabilità assistitito ad uno o più di questi eventi, e sa benissimo quanto sia difficile gestirli.
Consigliamo, a tal proposito, la visione di un bellissimo film con Julianne Moore intitolato “Still Alice”, in cui si raccontano molto bene questi momenti di vagabondaggio.
Come prevenire il wandering?
Com’è noto, non esistono cure per l’Alzheimer e per le altre forme di demenza senile, di conseguenza non c’è un farmaco specifico per prevenire questo fenomeno, e la costrizione fisica è quasi sempre da escludere, se non in casi estremi in cui è presente un oggettivo pericolo per il malato.
Ciò nonostante, è possibile prendere delle precauzioni, e provare, attraverso alcuni accorgimenti, a prevenire non solo gli episodi di wandering, ma soprattutto le possibili conseguenze che potrebbero scaturirne.
Questi i consigli forniti dalla Federazione Alzheimer Italia:
- prendere provvedimenti per la sua sicurezza in casa e per mantenerlo attivo senza fargli correre rischi di cadute o lesioni;
- cercare di capire i motivi del vagabondaggio, facendo attenzione ad eventuali comportamenti ripetuti e reiterati;
- mantenere stabile l’ambiente circostante e stargli vicino in un ambiente non familiare;
- cercare l’aiuto di amici e vicini, che vanno informati della situazione e messi nelle condizioni di poter intervenire con consapevolezza;
- assicurarsi che il malato abbia sempre con sé un documento di identificazione, in modo che le persone che incontra o membri delle forze dell’ordine possano mettersi in contatto con i familiari e riportarlo a casa.
L’intensità dell’impegno da profondere nella prevenzione varia a seconda delle condizioni del paziente e delle esperienze pregresse in tal senso.
Come ridurre il rischio di wandering
Vediamo, ora, alcuni azioni concrete e pratiche che potrebbero ridurre il rischio di questi episodi di vagabondaggio, come suggerito da diverse associazioni internazionali, tra cui la Alzheimer Society of British Columbia:
- creare le condizioni per un vagabondaggio sicuro: vagare in un ambiente protetto, nel quale il paziente può effettivamente camminare e muoversi in libertà, può essere positivo per il suo umore, riducendo l’ansia e l’irrequietezza;
- fornire segnali visivi, ad esempio indicare sulle porte delle stanze di quali ambienti della casa si tratta (bagno, cucina, camera da letto, ecc…), per aiutare il malato che, ad esempio, non riesce a trovare il bagno, ad orientarsi con maggiore facilità, oppure lasciare una luce accesa di notte, uno dei momenti in cui lo stato di confusione aumenta;
- ridurre gli stimoli e i fattori scatenanti (trigger): se il paziente vede le chiavi di casa o della macchina, le scarpe da passeggio, la borsa, o altri oggetti che possono stimolare il desiderio di uscire di casa, il rischio che lo faccia è più elevato;
- fare esercizio fisico: può aiutare la persona a consumare energia in eccesso e migliorare il sonno;
- coinvolgere il malato in attività quotidiane, ad esempio facendogli fare cose che gradisce oppure invitandolo a dare una mano nelle faccende di casa, a preparare la cena, a piegare la biancheria;
- tenere traccia di tutti gli episodi di wandering, per individuare eventuali pattern ricorrenti o fattori scatenanti;
- coinvolgere la comunità, dai vicini di casa ai negozianti del quartiere, spiegandogli la situazione e fornendo loro istruzioni di base da seguire, ad esempio l’indirizzo di casa o il numero di telefono dei familiari.
In ogni caso, è importante rassicurare la persona se si sente persa, abbandonata o disorientata, e chiedere supporto medico e socio-assistenziale per prendersene cura nel modo migliore.
Bibliografia
- Wandering and dementia – A guide for caregivers, Alzheimer Society of British Columbia;
- Wandering, Alzheimer’s Association;
- Per chi assiste il malato. Parte Terza: Cambiamenti d’umore e di comportamento, Federazione Alzheimer Italia;
- Dementia and Wandering: Reducing the Risks, Alzheimer’s Foundation of America;
- How to Prevent Wandering in Alzheimer’s Patients, BrightFocus Foundation;
- Suggerimenti per l’assistenza al paziente affetto da demenza, a cura di Giovanni Zuliani, Stefania Magon, Margherita Cavalieri, Comune di Ferrara, Servizio Sanitario Regionale Emilia-Romagna e Università di Ferrara.
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